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Tesla Autopilot: negli USA ci sarebbe una vittima

Tesla Autopilot: negli USA ci sarebbe una vittima

Forse il futuro può ancora aspettare. Tutti conosciamo Tesla, il colosso dell’automotive elettrica, e il suo istrionico CEO, Elon Musk. L’uomo più ricco del mondo (o il secondo, dal momento che ogni anno si contende la possibiltà di poter essere chiamato in questo modo con il proprietario di Amazon, Jeff Bezos) è noto per essere un precursore su molti fronti. Uno di quelli su cui sta maggiormente puntando, e dunque investendo, negli ultimi tempi, è quello della guida automatica. Al momento, non esiste una tecnologia che la renda possibile. Il sistema che più le si avvicina, denominato Tesla Autopilot, assiste il conducente ma non può ancora fare tutto da solo. Il software della grande T è sicuramente il più avanzato disponibile sul mercato, però resta perfettibile.

Attualmente ci troviamo in una fase sperimentale di questa tecnologia, definita da più parti come il prossimo deciso passo in avanti dell’industria automobilistica. Durante ogni periodo di test sono possibili errori. In questo caso, però, ne sarebbe stato commesso uno difficilmente sottostimabile. Tesla Autopilot è infatti accusato di essere stato coinvolto in un incidente mortale. Al momento, non è ancora stata emessa alcuna sentenza definitiva.

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Colpa del software o dell’ebbrezza?

Il fattaccio risale al 2022, ma se ne parla ancora perché l’indagine è stata recentemente riaperta. Inizialmente, infatti, il caso era stato chiuso e la colpa era stata data all’ebbrezza del conducente della Tesla Model 3 schiantatasi contro un albero in Colorado, Hans von Ohain. Il 33enne era dipendente della casa automobilistica e stava rientrando, insieme al suo amico Erik Rossiter, da una serata trascorsa con altri conoscenti presso un golf club, nella quale si era alzato il proverbiale gomito. Il dettaglio che von Ohain stesse guidando dopo aver attivato la funzione Full-Self Driving era stato incluso nel dossier del caso fin dall’inizio, dal momento che Rossiter, sopravvissuto all’incidente con qualche lesione e un grande spavento, lo aveva immediatamente consegnato agli atti durante la propria deposizione.

In seguito all’interessamento del Washington Post il caso è stato riaperto. La testata ha infatti rilanciato la testimonianza dell’amico del conducente, secondo il quale l’automobile si era comportata in modo strano poco prima dell’impatto, costringendo il conducente a scollegare la guida autonoma e riprendere in mano il volante. L’impostazione Full-Self di cui la Model 3 era dotata è quella che lascia la maggiore autonomia decisionale al software Tesla e sembra sia noto che dia qualche problema. Stando alla testimonianza di Rossiter, riportata da alVolante, l’amico era conscio di questo difetto e gli aveva detto di non preoccuparsi, dal momento che ogni tanto succedeva.

Von Ohain si fidava ciecamente del sistema, che in fin dei conti era il fiore all’occhiello dell’ingegneria Tesla. Il Full-Self Driving è infatti il top di gamma nel mondo Tesla Autopilot. Ogni automobile della casa posta in vendita negli USA presenta la guida assistita, ma il software più avanzato si paga 15mila dollari. L’errore del conducente potrebbe essere stato proprio quello di lasciare troppa intraprendenza all’autopilota. La moglie, raggiunta dai media, ha sottolineato come Musk venda un falso senso di sicurezza.

Una chiave d’avviamento Tesla. Autopilot è disponibile di serie su ogni vettura venduta negli States. Quella coinvolta nell’incidente presentava il sistema top-end, denominato Full-Self Driving.

Autonomia fino a un certo punto con Tesla Autopilot

Hans von Ohain era solito utilizzare il Full-Self Driving, sistema su cui contava, di cui era entusiasta e che attivava molto spesso, al fine di dare modo all’azienda di raccogliere dati sul suo funzionamento. A maggior ragione, si è sentito in dovere di inserirlo dopo una serata in cui aveva bevuto. Al momento dell’incidente il tasso alcolemico dell’uomo era pari a 0,26. Si tratta di una soglia superiore a quella consentita nel pur liberale Colorado. È dunque lecito incolpare lo stato di ebbrezza. D’altra parte, però, tanto Rossiter quando la signora von Ohain si fidano poco di questa spiegazione.

A loro avviso, si potrebbe trattare di un caso di marketing ingannevole da parte della casa automobilistica. Sul sito dell’azienda si può leggere:

“Il tuo veicolo sarà in grado di guidare da solo quasi ovunque, con intervento minimo da parte del conducente. Il sistema migliorerà continuamente.”

Naturalmente, subito sotto si specifica che Full-Self Driving non è totalmente autonomo e che il sistema richieda una supervisione attenta e attiva da parte del conducente. Tesla Autopilot presenta dunque alcune limitazioni. Difficilmente un dipendente aziendale abituato a utilizzare quotidianamente, o quasi, il sistema poteva non esserne a conoscenza. Ciononostante, la moglie nutre più di un dubbio, come ha dichiarato lei stessa al Washington Post:

“Indipendentemente da quanto fosse ubriaco Hans, Musk ha affermato che questa macchina può guidarsi da sola. A quanto ci viene detto, essa è essenzialmente più accorta di un essere umano.”

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